ESCLUSIVA TUTTOREGGINA - Pianca, oggi 60 anni: «Che bella Reggio. E quel coro...»

08.08.2012 22:05 di  Simone Vazzana   vedi letture
ESCLUSIVA TUTTOREGGINA - Pianca, oggi 60 anni: «Che bella Reggio. E quel coro...»
© foto di foto TuttoReggina.com

E quando il ciel si schiarirà il rosso Pianca segnerà. Bandiere al vento metteremo e tutti in coro griderem: Pianca-gol!

Questo l'omaggio del vecchio Comunale a Elvio Pianca, per tutti Elvy, per i reggini u rrussu. Chi ha avuto la fortuna di vedere quel giocatore dalla chioma scarlatta lo descrive come uno dei più talentuosi calciatori passati da Reggio Calabria. Lui, nato a Castellavazzo (provincia di Belluno), ritrovatosi nel profondo sud. E' stato amato ed ha contraccambiato a suon di gol e assist. Oggi, compie 60 anni: TuttoReggina.com lo ha raggiunto in esclusiva, riportando alla luce alcuni ricordi di ormai più di trent'anni fa. Ragionando anche sulle differenze tra il calcio di allora e quello di oggi. Buona lettura e, a Elvy Pianca, i migliori auguri di buon compleanno.

 

Con la maglia della Reggina, 161 presenze e 40 reti. Numeri a parte, come reputa la sua esperienza a Reggio Calabria?
«Io l’ho sempre detto: sono stato benissimo, anzi mi hanno viziato. C’era qualcuno contro, è normale, ma la maggior parte dei reggini mi ha viziato in tutti i sensi. Sia quando giocavo, con i cori, sia fuori dal campo, quando andavamo a mangiare in giro per la città».


Bisogna anche sapersi fare amare...
«Indubbiamente, ma i reggini sanno anche amare veramente. Ho avuto anche una fidanzata (ride, ndr). Di Reggio Calabria ho un ricordo stupendo. E poi ricordo ancora qualche parola di dialetto, se lo sento lo capisco ancora».


Stando al campo, quale gol in amaranto le è rimasto impresso?
«Mi pare fosse il campionato 1976-77, non ricordo onestamente la squadra. Segnai su punizione da posizione angolatissima, con un pallonetto sopra la barriera. Volevo metterla sotto il sette, ma quando hi visto effettivamente il pallone andarci mi sono meravigliato (ride, ndr)».


E i compagni di squadra?
«A Reggio mi ricordo di Ferri, Cuttone, Materazzi. Anche di suo figlio, Marco, il campione del mondo: andavo spesso a casa di Beppe».


A Reggio Calabria, invece, quale stagione ricorda in particolare?
«Indubbiamente la stagione 1977-78, iniziata con Angelillo in panchina. Dovevamo vincere e andare in B, finimmo terzi. Ma giocammo un buon calcio».


Lei era la mente, Tivelli era il braccio. E' d'accordo?
«Sì, io avevo un ruolo che mi permetteva di mandare in porta le punte. E Tivelli era bravo e intelligente. Dei giocatori di oggi mi ricorda Di Natale, ovviamente con le dovute proporzioni. Era svelto, veloce e scaltro nell’area. Intuiva dove sarebbe finito il pallone con largo anticipo».


Negli anni successivi suggerì al presidente Matacena il tecnico Scoglio...
«Sì, per il presidente ero come un figlio, c'era confidenza e un rapporto tale da permettermi di consigliarlo sul tecnico. Scoglio poi mi volle ad Agrigento, squadra in cui chiusi la carriera diversi anni dopo averlo incontrato alla Reggina».


A soli 32 anni, scarpette al chiodo...
«Sì, dopo il passaggio al Lecce era iniziato il mio declino. Scoglio, dopo Agrigento, voleva portarmi con sé a Messina, anche senza giocare. Ma l'allora presidente del Messina si oppose».


A Reggio Calabria ha scritto la storia, tanto da attirare su di sé l'attenzione dell'Udinese. Dopo un anno, la bocciatura e il trasferimento a Lecce nonostante una buona stagione. Rimpianti?
«Più che altro tanta delusione. Ero sicuro che mi avrebbero riconfermato, avevo fatto bene (4 gol in 15 presenze, ndr) alla mia prima vera stagione in A. Purtroppo è andata male. Forse poi ho sbagliato ad andare a Lecce...».


Come mai?
«Perché a Udine il tecnico era Orrico e mi aveva proposto di seguirlo a Carrara. Invece ho scelto Lecce e da lì la mia carriera ha subìto un declino».


A Reggio Calabria, come a Udine, ha giocato con alcuni degli allenatori di oggi. Da Materazzi ad Arrigoni, passando per Delneri. Lei ha provato ad allenare in D, poi ha smesso. Cos'è successo?
«Ho capito che non faceva per me. Ho allenato tre anni il Vittorio Veneto in Interregionale, ma ho visto che forse non ero uomo da panchina, magari più da scrivania, un direttore sportivo o un osservatore».


E il calcio non le manca?
«No, non mi manca assolutamente. Anzi delle volte mi imbarazza anche parlarne quando qualche amico mi presenta come un ex calciatore».


Guarda ancora il calcio?
«Non sono un amante della tv, non ho Sky. Certo, ogni tanto qualche partita e qualche servizio mi capita di vederlo. Ma la tv la vedo più per i film di Terence Hill».


Sicuramente avrà visto la vicenda di calciopoli prima e del calcio scommesse poi…che idea si è fatto?
«Allora c’era poco, non come adesso. Nel senso che non è che non ci fosse mai niente, secondo me...accordi taciti ci sono stati anche in passato. Indubbiamente, negli ultimi si è raggiunto un estremo pericoloso. Inoltre, una volta guadagnavano poco, invece adesso i calciatori guadagnano tanto. Andrebbero bastonati. Prima ancora di essere giudicati, fanno le sentenze e patteggiano: non mi sembra una cosa seria. Chi ha sbagliato, come nell’atletica o in qualsiasi altro sport, deve pagare in maniera esemplare. Non capisco perché i calciatori vogliano fare queste cose qui, visto che hanno grandi possibilità di guadagno. Si compromettono. E' un po' come andare a rubare: puoi farla franca, ma quasi sempre ti beccano».

 

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