REGGINA: SE IL MERCHANDISING VIENE CONFUSO CON IDENTITÀ E TRADIZIONE

09.05.2024 17:00 di  Valerio Romito   vedi letture
REGGINA: SE IL MERCHANDISING VIENE CONFUSO CON IDENTITÀ E TRADIZIONE

Finalmente, o quantomeno si spera, tra 20 giorni l’eterna querelle riguardante l’identità della maggiore espressione calcistica cittadina dovrebbe risolversi, in un modo o nell’altro, ponendo fine ad un dibattito che, complici le tribolate vicende che hanno imperversato sulla Reggina negli ultimi nove anni causando ben due fallimenti, fa (troppo) spesso capolino alle nostre latitudini.

Se alla fine sarà la LFA o il Comune di Reggio Calabria, ad oggi gli unici due soggetti che hanno pubblicamente dichiarato l’intenzione di partecipare all’asta pubblica bandita nella giornata di ieri dalla curatela fallimentare, oppure altri soggetti che entro il termine stabilito procederanno a formulare un’offerta ufficiale, (per il momento non riteniamo dover tenere conto di precedenti dichiarazioni apparse più come annunci politici che effettivi propositi) dovremo aspettare il 29 maggio: in entrambi i casi, e sperando di non incorrere in sopravvenute manovre speculative, l’effetto dovrebbe essere rappresentato dal ritorno, ovviamente atteso, voluto e gradito da tutti, della Reggina sia dal punto di vista nominativo che grafico, dopo la necessaria parentesi in cui l’attuale società era normativamente impossibilitata ad assumerne la storica denominazione.

Premettendo doverosamente, al fine di prevenire le sterili e ripetitive polemiche da parte dei soliti detrattori, che è auspicio di chi scrive che il caso si concluda nel migliore dei modi indipendentemente dalle modalità attraverso cui ciò avverrà, ritenendo indispensabile il cessare di ulteriori diatribe, continuiamo a ribadire, ma a questo punto solo per la cronaca, la singolarità di una narrazione che vede il concetto di “storia identità e tradizione”, così come scandito dai tifosi, ancorato a quello che è ed e sempre stato un marchio d’impresa di natura commerciale: ce lo dicono le leggi, ce lo dicono i regolamenti Figc, ce lo dice la giurisprudenza sportiva e, paradossalmente, ce lo ribadisce proprio il bando.

Il “LOTTO A) PORTAFOGLI MARCHI” mette in vendita tre marchi; oltre al “Vai Reggina” di dubbia utilità poiché, dovendosi evidentemente riferire all’inno, dovrebbe essere di competenza della SIAE per quanto riguarda i diritti, i due marchi “Reggina Calcio” oggetto dell’asta risultano registrati presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi dal 2016 (presumiamo direttamente dalla Curatela che si occupò del precedente fallimento; andando a ritroso, la prima registrazione riguardante un marchio “Reggina” risale al 1996. Dunque si sta andando a trattare solo otto anni sui 110 di storia amaranto? Ovviamente no, e c’è una spiegazione.

Prima degli anni novanta vi era una sostanziale unanimità nel non considerare le società di calcio come vere e proprie imprese a scopo di lucro: le cose cambiano quando le stesse società cominciano a comprendere l’utilità economica che potrebbe derivare, soprattutto a fini di merchandising, dallo sfruttamento della notorietà del proprio marchio sportivo; da lì in poi le tante pressioni esercitate produrranno una serie di interventi legislativi a catena che scaturiranno nella Legge n.586/96 (conosciuta come “legge Bosman”) che, tra le altre cose, riconobbe ufficialmente la possibilità, per le società sportive professionistiche, di perseguire lo scopo di lucro. Nel frattempo, molte di queste avevano già provveduto a registrare quello che sin lì aveva costituito un marchio “di fatto” privo di particolari tutele giuridiche (negli anni 80 la vendita di materiale griffato non ufficiale riguardante le squadre era prassi consolidata).

Volendo fare ulteriori esempi a supporto, basterebbe ricordare come gran parte delle società abbiano, nel corso degli anni successivi, scelto di vendere il brand ad un’altra società controllata al fine di ottenere una plusvalenza in bilancio: lo fece anche la Reggina Calcio nel 2005 cedendo il proprio marchio ad una società denominata “Reggina Service srl”, operazione successivamente disinnescata dalla Covisoc e dalla Agenzia delle Entrate poiché ritenuta un artifizio contabile basato su una eccessiva valutazione del marchio stesso. Dunque, ad usare la tesi tanto cara a qualcuno dalle nostre parti, tutte queste società si sarebbero private della loro “storia identità e tradizione” per meri fini commerciali, con il beneplacito delle rispettive tifoserie?

Basterebbe solo questo a ribadire un concetto che non necessiterebbe di altre specifiche, ma a voler essere ulteriormente perniciosi ci vengono in soccorso direttamente la FIGC, attraverso le proprie Norme Organizzative Interne (NOIF), e lo stesso diritto dello Sport: recita Pierfilippo Capello, uno dei maggiori esperti di diritto sportivo nazionale ed internazionale, che “il titolo sportivo è il diritto di partecipare a un campionato di calcio rappresentando la storia, sportiva e non, di una squadra. Con il fallimento della società, la Federazione si riappropria del titolo sportivo, perché “in nessun caso il titolo sportivo può essere oggetto di valutazione economica o di cessione” (art. 52 comma 2) e, pertanto, non può entrar a far parte dell’attivo fallimentare. Il legislatore sportivo si è così preoccupato di salvaguardare la storia sportiva, l’attaccamento dei tifosi e il legame tra squadra e città, impedendo che tutto ciò segua le sorti di un procedimento concorsuale”. Ciò che, in pratica, è già avvenuto lo scorso settembre con l’attribuzione del titolo sportivo della città ai sensi dell’art. 52 comma 10 delle stesse NOIF

Emblematica, in tal senso, l'esperienza del Venezia: nel 2015, dopo l'ennesimo fallimento della vecchia società, viene iscritto in terza categoria il Calcio Venezia 1907 da un imprenditore che nel frattempo aveva acquistato i marchi delle disciolte S.S.C. Venezia e A.C. Venezia; contemporaneamente, la FIGC seguiva le procedure previste dalle NOIF ed assegnava il titolo, per il tramite del sindaco, alla neo costituita Venezia Football Club SSD, divenuta in seguito semplicemente Venezia FC, ossia la squadra che oggi sta lottando per andare in serie A e seguita, dal principio e senza alcuna esitazione, dalla tifoseria lagunare.

La speranza comunque, e lo ribadiamo, è che, al di là di tutto, la fine del mese di maggio possa costituire la fine di ogni ostilità che riguardi la nostra amata Reggina, che chi di dovere faccia sì che il destino del marchio che, nonostante le tante evidenze, è stato ormai identificato dalla piazza come contenitore identitario, possa fungere da pacificatore e da raccordo tra le varie “correnti” di pensiero, e che finalmente si possa approcciare alle prossime stagioni, chiunque sarà al timone della società, con quella unità di intenti che, ormai da troppi anni, è diventata una chimera.